L'ANALISI
23 Aprile 2025 - 05:25
CREMONA - Metti un progetto concepito per fronteggiare un’emergenza umanitaria come la necessità di sfamare tutti gli abitanti di un mondo sempre più affollato a fronte della scarsità di risorse naturali, affidalo alle mani sbagliate e questo bel sogno diventa l’anticamera della tirannia e dell’annullamento delle coscienze della gente. Con il suo romanzo ‘Lo spacciatore di noci’ Valentina Misgur infila il dito nella piaga sul rischio che tutti quanti corriamo ponendo alla guida della società persone senza adeguate garanzie di moralità, trasparenza e mosse solo da sete di potere. Un mondo distopico, ma a pensarci bene mica troppo. Un romanzo pubblicato da Bompiani nella collana della narrativa ragazzi ma che può essere una istruttiva lettura anche per i loro genitori. Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.
Alla domanda sul perché c’è bisogno di uno spacciatore di noci nel mondo che viene descrivendo risponde: «Nel mondo che mi sono inventata è assolutamente vietato mangiare cibi naturali perché c’è stato un Grande Editto che ne ha proibito il consumo in quanto mangiare frutta e verdure è considerato dai nuovi padroni del mondo, i Dodici Saggi, un atto crudele nei confronti di esseri viventi, quindi nostri potenziali fratelli e sorelle». Grazie al nonno, William, il giovanissimo protagonista del romanzo sa dell’esistenza di un grande testo di ricette.
Si legge: «Il libro risaliva a prima del Grande Editto, quando gli esseri umani erano animali sanguinari che mangiavano altri esseri viventi, come le prugne e le carote. Tra quelle pagine c’erano foto inimmaginabili: coltelli che facevano a pezzi baby peperoncini, acini d’uva scuoiati vivi, cipolline opalescenti annegate nell’aceto. Il nonno gli consentiva di guardare le figure, e gli sussurrava all’orecchio le ricette delle conserve. Così, mentre a scuola William imparava canzoni sulla fratellanza tipo ‘Arancia io, arancia tu’, davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini truculente di vasetti di marmellate proibite».
Il ragazzino vive con il nonno Omero nell’unica casa non intelligente del quartiere: niente domotica, ma porte che ruotano sui cardini, libri di carta e quell’oggetto proibitissimo, il ricettario! Spinto da Omero, si rende conto che in realtà c’è in atto una manipolazione e che i Dodici Saggi tanto saggi non sono, ma vogliono manipolare la popolazione: ‘condiscono’ le pillole che hanno sostituito gli alimenti con droghe che consentono loro di controllare i cervelli di chi le consuma. Ovviamente, i pasti dei Saggi e dei loro uomini di fiducia sono a base di verdure vere.
«William - racconta l’autrice -, si rende così conto anche di dover allertare i suoi amici più stretti, i vicini di casa Vitaly e Flora, e dà loro da mangiare delle noci in sostituzione delle terribili pillole». Insieme, i tre partono alla ricerca del covo dei ribelli dando vita ad avventure strabilianti. Lo trovano e iniziano con loro la grande battaglia finale tra il Bene e il Male. Un romanzo d’avventura, con tante vicende perfettamente rispondenti alle attese dai lettori più giovani. Senza svelare di più, possiamo dire che i presunti Saggi hanno creato un mondo nel quale corriamo il rischio di finire tutti quanti noi.
«I Dodici rappresentano l’autorità politica e morale che a un certo punto ordina ai cittadini ‘Voi non vi preoccupate più di niente, pensiamo noi a tutto e a tutti’. Solo che tutto questo ha un costo in termini di libertà personali e William e i suoi amici lo scopriranno anche a loro spese». Non è tutto perfetto come si vuol far sembrare, ma ovviamente ci sono dei segreti che man mano che la storia avanza si scopriranno. Quindi anche per i ragazzi è una specie di invito a non guardare il dito ma la luna. «Diciamo che l’imbeccata a William viene data dal nonno, però da lì in poi fa tutto da solo. Tra l’altro il mio protagonista è persona estremamente ansiosa quindi nell’arco di tutto il romanzo dovrà anche imparare a venire a patti con le sue paure e diventare una persona coraggiosa perché la situazione lo richiede e perché c’è bisogno di tutto il suo coraggio e dell’intelligenza sua e dei suoi amici per liberare il mondo da questa condizione».
Un ragazzino impacciato e fisicamente non certo il prototipo del supereroe. E anche questo è una piccola lezione a smetterla di guardare solo quello che si vede ma cercare di andare un po’ più in là anche con gli esseri umani. «Ognuno dei tre ragazzi ha doti diverse. William è goffo, ansioso, sviene facilmente, però direi anche che è un ragazzo molto intelligente e che riesce a prevedere anche una serie di cose. Valery, il suo migliore amico, invece è fisicamente molto pronto, è un atleta coraggioso e generoso, però è un impulsivo. Tra di loro c’è Flora, una via di mezzo perché riesce a mediare la situazione tra i due, a essere l’ago della bilancia che consente ai tre di operare insieme».
Il romanzo è anche un inno alla resistenza umana. «E a pensare con la propria testa per quanto ci si riesce. C’è una resistenza nel libro, Resistenza Alimentare l’ho chiamata: in un mondo che si nutre di pillole e chi insiste nel fare le cose alla vecchia maniera, a nutrirsi di frutta e verdure anche se è proibitissimo». E infine nel romanzo c’è anche una speranza per i cattivoni: «Questa è una cosa in cui credo molto. Penso che un po’ tutti i personaggi debbano avere un’evoluzione o un’involuzione, comunque un cambiamento, perché se no il romanzo non svolge la sua funzione di macchina narrativa. E ciò per me è vero sia per gli eroi positivi sia i cosiddetti cattivi».
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