L'ANALISI
3 MINUTI 1 LIBRO
14 Agosto 2024 - 05:25
CREMONA - Riaccendere la luce su una strage dimenticata, illuminare le vite dei cosiddetti invisibili, sdrammatizzare la paura del diverso e, soprattutto, ribadire grande amore per la sua Bologna. Senza rinunciare alla consueta verve e all’ironia che lo contraddistinguono, fa tutto questo con il suo nuovo, gustoso (mai aggettivo è stato tanto centrato) romanzo Filippo Venturi, oste scrittore e cultore della tradizione culinaria della città detta la Grassa. ‘Il delitto della finestrella’ è il quarto romanzo con Emilio Zucchini, oste detective, chiaramente suo alter ego. C’è un morto di mezzo e lui ci incappa dentro senza senza averne alcuna responsabilità, ma poi risolverà il caso. Perché lui è un catalogatore seriale di persone, appena ne vede una entrare in trattoria sa capirne il carattere.
«Da buon ristoratore ‘battezza’ le persone, cerca di interpretare il cliente al primo sguardo per poi trattarlo come si deve. Diciamo che se la perspicacia per un ristoratore è fondamentale, lo è particolarmente per uno come Zecchini, investigatore suo malgrado». È un libro più politico dei precedenti. Spiega Venturi: «Attraverso il romanzo vorrei risvegliare il ricordo della strage dell’istituto Salvemini del 6 dicembre del 1990 a Casalecchio di Reno, quando un aereo dell’Aeronautica militare si è schiantato sopra una scuola con dentro 200 ragazzi: la più grande strage di adolescenti italiana avvenuta in tempo di pace, una carneficina dimenticata sulla quale ho voluto accendere le mie minuscole lucine» (la racconta per sommi capi nella commovente postfazione elencando anche i nomi di tutte le vittime). Venturi parla del suo romanzo con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.
Personaggio centrale Maicol Fabbri, sopravvissuto a quella strage che però lo ha trafitto nell’anima; lo chiamano affettuosamente Chaplin perché zoppica e cammina con un bastone, si spaventa ogni volta che sente un rumore appena più forte del normale e si porta dentro la sindrome del sopravvissuto, attanagliato da sensi di colpa per non aver potuto salvare i suoi compagni. È facile per un commissario svogliato e anche un po’ carogna indicarlo come colpevole. «Personaggi così sono sempre presenti nei miei romanzi, gente che prende sberle dalla vita senza averne colpa. Balordi dal cuore d’oro che poche volte hanno avuto una seconda chance. Io, invece, amo dargliela. Invisibili perché diversi, quindi esclusi dalle nostre vite. Mi piaceva l’idea di fare abbassare piano piano la guardia del lettore aprendo trame che lo conducono da un’altra parte».
Quella in cui incappa è la storia dell’omicidio di un writer, Claudio Liberatori detto Giotto, tossico ex allievo dell’Accademia dell’Aeronautica cacciato perché incapace di rispettare le regole di vita della caserma. Il clima umano che sta dietro l’omicidio è un malinteso senso dell’identità sessuale, tema attualissimo considerando quanto visto che alle Olimpiadi. «L’ho inserito per dare un po’ di luce anche a questa tematica sulla quale la nostra società è realmente tanto indietro». C’è un filo rosso con la vicenda di Maicol: «La diversità fa paura, non è accettata, è vista come un fattore capace di minare le nostre vite anche se non le riguarda minimamente». Nel libro è citata la canzone di Laura Pausini che narra la meraviglia di essere simili e il nostro Zucchini dice: «no, la meraviglia è essere diversi e nonostante ciò volersi bene, accettarsi, amarsi».
Tutto ha inizio in una piovosa serata invernale, gli ultimi clienti della trattoria si sono finalmente decisi a pagare il conto ed Emilio sta per tirare giù la serranda della Vecchia Bologna, quando riceve la visita inaspettata di Maicol. È sconvolto e sporco di sangue, eppure non ha nemmeno un graffio. Emilio, che ultimamente è tormentato da inediti rovelli sentimentali, preferirebbe non farsi troppe domande, ma la sorte e la polizia non sono dello stesso avviso. Poche ore dopo, infatti, a due passi dalla trattoria viene rinvenuto il cadavere di un ragazzo. E non in un posto qualsiasi, ma nell’angolo più instagrammato di Bologna: la finestrella di via Piella, il pittoresco affaccio sul canale. Le prime testimonianze fanno ricadere i sospetti su Maicol, e così anche Emilio si ritrova invischiato.
Indaga muovendosi tra la vita notturna di via del Pratello, il mondo degli influencer ed episodi dimenticati della storia bolognese. Come sempre nei libri di Venturi, super protagonista è la sua Bologna, con via del Pratello luogo dell’anima, con la finestrella diventata una delle attrazioni turistiche più importanti di una città che anche nelle periferie mantiene il suo fascino. «Bologna è questo, nel suo centro ha avuto un boom turistico clamoroso, che non si aspettava e che forse non l’ha trovata nemmeno pronta. Ma è talmente bella che si merita di essere vista e scoperta anche perché ha saputo preservare l’anima non di piccola metropoli ma di grande paesone; quindi il Pratello è sicuramente un baluardo della bolognesità che continua a includere, ad accogliere, ad accettare.»
Perché Bologna è anche questo. È una città che, se la giri bene e la scopri, sa riproporre la sua bellezza immutabile, che viene da lontano quindi non solo il caos e la frenesia del nuovo turismo cheap. Da ristoratore ho a che fare tutti i giorni con gente che arriva e ha solo bisogno di nutrirsi, non di fare un’esperienza. C’è una differenza abissale tra un ristorante turistico e uno che lavora con il turismo. Il secondo cerca di fare capire ai turisti che cos’è Bologna, cosa significa saper stare a tavola. Noi ristoratori abbiamo una missione: prendere il testimone della tradizione e portarlo alle generazioni future». E soprattutto insegnare, questa la morale finale, che a tavola non si invecchia.
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