L'ANALISI
30 Agosto 2023 - 05:25
CREMONA - «Alle volte mi chiedo che ne sarà di me, di Tommaso, di Sara e se penso al futuro immagino una goccia di inchiostro che cade in una vasca da bagno piena d’acqua non ci sono dubbi. L’inchiostro per esserci c’è, ma si confonde, non si vede e vallo a trovare il tuo futuro dentro una vasca da bagno piena acqua». È la desolazione della sconfitta quella che sembra dirci questa riflessione di Luca, il protagonista 17enne del libro di Dario Rubessi, ‘La mia stupida e inutile vita a Villaggio Mulino’, romanzo di formazione di un giovane cresciuto nella suburbia di una città del nord. «Questo quartiere ha come caratteristiche un degrado latente e la difficoltà dei suoi abitanti di instaurare rapporti di amicizia importanti. Il protagonista ha bisogno di raccontare, e lo fa scrivendo un libro, un diario in prima persona, con l’utilizzo di un computer», spiega l’autore parlandone con Paolo Gualandris nella videointervista per la rubrica ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.
Un libro scritto pensando a quei ragazzi che veramente vivono situazioni bordeline come quelle raccontate e che hanno trascorsi difficili, con la speranza di riuscire a dare loro un aiuto concreto: «Il ricavato del libro verrà devoluto all’associazione no-profit Made in Brescia per dare la possibilità di incidere un cd ad alcuni ragazzi che compongono brani rap e hip hop, far provare loro l’esperienza di incidere brani in una vera sala di registrazione. Possibilità che difficilmente avrebbero. Il mio progetto sarà forse una goccia nel mare, ma se posso contribuire a realizzare le aspirazioni di ragazzi meritevoli ne sono felice», spiega Rubessi.
Luca è un Holden Caulfield dei quartieri bassi. Scabro, duro, che rinuncia a studiare per andare a fare il benzinaio e scrutare le cosce della sua cliente preferita ogni volta che arriva per un rinfornimento. Osserva persone, riti e gesti dell’unico mondo che conosce, come se tutta la violenza e tutto l’amore, il disincanto e la speranza, gli sforzi di redenzione e la condanna acquistassero senso solo se fissati nel racconto, nella capacità di frugare tra strade, palazzi e vite consumate attorno a lui, ricreando e nutrendo il prezioso talento di chi sa disinfettare ogni ferita senza cancellarla. ‘La mia stupida e inutile vita a Villaggio Mulino’ non è solo un romanzo di formazione. È conoscenza ed esperienza: di uno spazio dove il primo bacio, la prima volta del sesso, lo spaccio, l’acquisto di una pistola, la fede di una madre, ogni cosa è urgente e niente importante.
Accanto a lui ci sono gli amici di sempre, molti destinati cadere nelle trappole della vita e a vivere l’esperienza delle patrie galere, una ragazza dark ma in fondo assennata, alle prese con un genitore di successo ma pieno di vizi inconfessabili e anche chi, grazie al proprio talento, riuscirà a darsi un futuro. I palazzoni in cui vive sono un microcosmo dove convivono criminali incalliti e mamme devote, nullafacenti e padri disperati per il rischio di perdere un lavoro, che peraltro li distrugge. Un mondo di opposti e di eccessi, dove sangue e violenza convivono con poesia e grandi sentimenti.
«Alcune di queste situazioni - racconta lo scrittore, da sempre attivo nella vita sociale di Gambara, in provincia di Brescia - le ho viste accadere per davvero. Racconto un mondo in cui si avverte che per quanto tu ti possa impegnare è difficile vedere uno sbocco futuro non dico esaltante, ma comunque che valga la pena». Ma, sembra dire Rubessi, uno su mille ce la fa e altri scelgono di vivere una vita che non abbia come esito finale una cella nelle patrie galere.
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