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3 MINUTI 1 LIBRO: IL VIDEO

Cabala e omicidi nel ghetto ebraico

Nelle nebbie della Ferrara del ’600 la nuova indagine di Girolamo Svampa. Dalla penna di Simoni l’inquisitore che non crede al diavolo, ma alla scienza

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

23 Agosto 2023 - 05:20

CREMONA - «Bruciare parole. Bruciare idee. Il crimine più mostruoso del quale poteva macchiarsi il genere umano. Perché nell’incommensurabile costellazione del pensiero universale, persino l’idea più aberrante, l’eresia più spaventosa, contribuiva a definirne la bellezza nel suo labirintico insieme».

Impossibile non essere d’accordo con Marcello Simoni, super premiato e amatissimo re del thriller medievale, che fa di questo principio uno dei fili conduttori de ‘Il pozzo delle anime’, la quarta indagine dell’inquisitore Girolamo Svampa, domenicano illuminista (sue, appunto, le riflessioni iniziali) allontanato da Roma dal Sant’Uffizio per condotta ribelle, il cui metodo si basa non solo sulle testimonianze dei personaggi coinvolti, ma su un’attenta e critica analisi dei fatti, della successione di eventi che si concatenano in un vortice di causa-effetto: «A volte, per mettere ordine nel caos che ci circonda, è necessario combattere in prima persona e affidarsi alla ragione. La ragione che Dio stesso ci ha donato per renderci il suo più preciso strumento».

Cioè l’esatto contrario dell’atteggiamento dei suoi colleghi inquisitori dell’epoca. Simoni ne parla nella videointervista per la rubrica ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito. Un libro che è anche anche un grande inno alla libertà che si costruisce e si ottiene attraverso la cultura. «Non saranno la luce e il chiarore del sole a farci uscire dalle tenebre, ma la conoscenza delle cose», diceva Lucrezio nel ‘De Rerum Natura’ che l’Inquisizione ha messo all’indice e che nei fatti Svampa vuole invece riconoscere.

Una critica feroce a ogni forma di oscurantismo e di reazione e che denuncia con forza il volto violento del potere, quello che brucia i libri, che reprime, che non vuole ascoltare, ma che alla fine, inevitabilmente, perde.

Spiega Simoni: «All’epoca vigeva la regola del sospetto sulla base della quale eretici, streghe e tutti coloro che si sospettava andassero contro la Chiesa venivano arrestati e torturati anche se non c’era nessuna prova che dimostrasse l’effettiva colpevolezza di queste persone; così nel campo delle eresie come in quello di altro genere di crimine. Svampa, per esempio non trova mai un indizio certo dell’esistenza del diavolo e afferma: ‘ho indagato per molti anni come inquisitore ho trovato molti indizi molte tracce sulla cattiveria umana, ma mai una traccia certa dell’esistenza del diavolo’».

Questa indagine che si svolge a Ferrara, città di Simoni, nel 1623. Nel ghetto ebraico per essere più precisi: «L’ultimo in Italia a essere chiuso - precisa Simoni-. Un autentico labirinto. Tutta la storia si muove tra il mondo cristiano e il mondo ebraico, realtà all’apparenza conflittuali, ma che si permeano».

Svampa, per l’occasione in missione insieme al suo fedele accompagnatore padre Francesco Capiferro, uomo dalla memoria strabiliante, si trova di fronte a un’indagine che ha del sovrannaturale perché si parla di rianimazione, di morte e di evocazione di spiriti, addirittura della leggenda del Golem, elementi che fanno parte di un esoterismo ebraico molto antico, ma che naturalmente fomentano le paure e lo sdegno dell’Inquisizione. Tutto comincia con la morte violenta e di un cabalista ebreo sefardita, Solomon Cordovero, trovato in un Camposanto con un il volto immerso in una buca, cioè il pozzo delle anime che dà il titolo al libro.

Colpito a tradimento nel pieno di un rito che appartiene alla cultura esoterica tipicamente ebraica che ha permeato anche in parte la cultura araba, «molto affascinante perché - come spiega ancora Simoni - questo genere di invocazione viene descritta nei minimi dettagli e riguarda una posizione assai simile a quella della preghiera con il volto rivolto verso il basso, in preghiera con la testa rivolta verso la tomba della persona che si intende evocare. Uno stato estatico particolarissimo, attraverso il quale la mente e lo spirito si aprono in una sorta di canale che si collega col mondo del passato.

Questo è il pozzo delle anime, titolo molto alla Indiana Jones (ndr: citazione dal primo film della saga), un pozzo metafisico attraverso cui il cabalista è convinto di poter richiamare L’esperienza e i ricordi di una persona defunta da molti anni per ricevere il suo consiglio».

Dunque si aggira per l’ex capitale estense uno spirito malvagio e senza scrupoli, che non esita a uccidere le proprie vittime a sangue freddo e ad asportarne delle ossa per chissà quale rito ancestrale e negromantico. Molti lo credono il malach ah-mavet, cioè l’angelo della morte. Di sicuro è un assassino spietato, che profana i corpi delle vittime per compiere un rituale arcano con uno obiettivo dichiarato: il potere assoluto sugoli uomini e sulle cose. Svampa ha l’incarico di fermarlo. Giunto in città, dovrà far luce su un mistero reso ancora piú oscuro dagli apparenti legami con la qabbalah. Intanto, l’autore dei delitti continua a nascondersi nelle vie anguste del ghetto, autentico «serraglio» in cui è stata rinchiusa una comunità di millecinquecento persone tra sefarditi, aschenaziti e italkim. Ma non saranno solo gli omicidi a tenere occupato lo Svampa. Perché nella vicenda si inserirà anche Margherita Basile, ammaliante donna d’intrigo della corte papalina, e il suo intervento risulterà quanto mai decisivo. Non una donna qualsiasi.

«Si dice che tu abbia un’amante», viene chiesto a Svampa. «Sì - risponde Simoni per conto dell’investigatore, che invece glissa -. Girolamo è un frate che di romanzo in romanzo riscopre la propria natura umana. Una parte di sé che per molto tempo era stata sepolta viene risvegliata da una donna. Al loro primo incontro lei lo schiaffeggia andando a risvegliare questa sua parte sopita. Lei si chiama Margherita Basile, tra l’altro persona realmente esistita: una cantante lirica dai capelli del colore della fiamma che gli dirà: ‘voi siete troppo bello e troppo giovane per essere un frate domenicano, per fare l’inquisitore’. Parole che gli riecheggiano dentro. Margherita non è solo donna di grande intelligenza, ma è anche di intrigo, proprio come Milady de Winter dei ‘Tre moschettieri’. Quello che ossessiona davvero Svampa è il contatto con le emozioni che vanno al di là delle regole. E questa questa riscoperta emotiva è una rinascita che rende più efficaci le sue indagini, ma che rende anche più complesso il rapporto con se stesso». Un intrigo da non perdere.

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