L'ANALISI
LA GUERRA DI PUTIN: IL VIDEO
27 Febbraio 2022 - 15:14
PIZZIGHETTONE - «La mia famiglia sta scappando. Mia cugina con il figlio di due mesi è in viaggio in auto verso i confini: Polonia o Romania, ovunque sia possibile passare. Ci vorranno giorni e chissà quando saranno al sicuro. Mio zio con gli altri miei cugini si sono rifugiati in campagna. E’ un disastro: continuano i bombardamenti e si combatte per le strade. Noi, qui, ci stiamo preparando ad accoglierli». Le parole di Nataliya sono quelle di una ragazza di 27 anni che ha lasciato la sua terra, l’Ucraina, da piccola seguendo la madre nella sua seconda vita in Italia, a Cremona, ma che mantiene stretto il legame con la propria patria: là, a 2.200 chilometri di distanza, sotto le bombe e con i carri armati russi per le strade, resta tutto ciò che è “casa sua”. Il suo racconto è interrotto da un susseguirsi di telefonate e messaggi su whatsapp. Arrivano video di civili sulle barricate, ammassi di cassonetti contorti e carcasse di auto: lanciano molotov fabbricate artigianalmente contro i veicoli militari russi che invadono le loro città.
Sono le “Giornate di Kiev” e dell’intera Ucraina, è la resistenza contro l’invasore. Una difesa che si sta ingrossando ora dopo ora di volontari, combattenti ucraini che arrivano anche dal cuore dell’Europa che li ha accolti anni fa. Scene che sono emblema dei ricorsi tragici della storia, come le trincee scavate nei campi di granoturco e riprese dalle auto in coda che a passo d’uomo si dirigono verso confini che sembrano dall’altro capo del mondo. La famiglia di Nataliya vive in piena zona di guerra, tra le città di Zaporozhia, sulle rive del fiume Dnepr, e Kherson posizionata sull’estuario dello stesso corso d’acqua diventato una linea di combattimento: di qui l’Ucraina, di là, a pochi chilometri contesi, la Crimea perduta nel 2014.
«Non hanno voluto abbandonare le loro case - dice con rammarico Nataliya che vive a Pizzighettone ed è mamma di una bimba di 8 mesi -. Per settimane abbiamo cercato di convincerli a partire, ma ci rispondevano che non sarebbe accaduto nulla. Non si aspettavano che l’invasione sarebbe avvenuta, credevano che lui volesse solo spaventarli e invece è avvenuto l’impensabile. Siamo sotto choc». “Lui” è Putin, nel suo racconto non lo nomina mai Nataliya che con la madre Svitlana sta pensando di partire con un pullman e andare incontro a chi, della sua famiglia, arriverà. Sta cercando in ogni modo di organizzare un sistema di sostegno, ha anche lanciato su Facebook una raccolta fondi per aiuti umanitari da inviare alla croce Rossa in Ucraina. Il tutto mentre qui la vita continua, tra lavoro (sua madre ha appena terminato il turno di notte in una rsa) e casa, mentre la primavera, incurante di tutto, mostra immutabile i colori di un nuovo inizio.
«Abbiamo telefonato ad una nostra amica in Polonia perché, se mia cugina con il suo bambino dovessero riuscire ad arrivare là, avrebbero subito un punto di riferimento - spiega, rivelando come in queste ore si stia tessendo una fittissima rete di aiuti e di solidarietà che supera ogni confine geografico -. Siamo in contatto con i miei zii, i fratelli di mia mamma. Il più grande è rimasto a Zaporozhia nel rifugio sotterraneo della sua casa. Con lui ci sono anche mia nonna e i suoceri. L’altro zio è con mia zia e mia cugina di 16 anni a Kherson. Sono rimasti bloccati perché i combattimenti sono iniziati subito e ai civili è stato dato l’ordine di rimanere nelle abitazioni. Sono riusciti solo a spostarsi in campagna, rifugiandosi nella casa di una parente. Mia nonna non vuole lasciare il suo paese e i suoi figli. Dice che se deve morire lo vuole fare là, dove è nata». Nonostante tutto, nonostante la guerra che sembrava impossibile, ma che ora è realtà.
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