L'ANALISI
10 Marzo 2016 - 13:51
CREMONA — «La Favini è la tipica espressione della zitellona di provincia che per fugare la noia del diuturno stesso giro di orizzonti, ha ritenuto provare l’emozione di avvicinare elementi ribelli ed i loro capi quasi fossero reali personaggi tratti dal romanzo d’appendice», si legge nel Casellario Politico della Questura di Cremona e ancora riguardo a Carmela Baricelli: «Conduce, come tutti quelli del suo partito al quale è legata anima e corpo, e coi capi del quale può anche dirsi, senza tema di errare, abbia relazioni meno che corrette come donna».
Sono questi alcuni stralci tratti «dalle schede biografiche di 127 donne che durante il periodo fascista furono sottoposte al controllo della polizia e iscritte pertanto nello schedario del Casellario Politico della Questura di Cremona — spiega Angela Bellardi —. La creazione di un Casellario Politico Centrale per le persone ritenute politicamente pericolose data al 1894 nell’ambito dei controlli degli oppositori politici. Il Casellario subì modifiche con il regime fascista tra il 1925 e il 1926 con un incremento degli schedati».
Dallo spoglio di queste schede biografiche nasce il volume Figure femminili tra dissenso e sovversione–curato da Angela Bellardi ed Emanuela Zanesi - che sarà presentato venerdì 11 marzo mattina (ore 11) in Salone dei Quadri da Marina Tesoro, docente presso l’ateneo di Pavia, nel corso della mattinata gli studenti della classe 4ª D del liceo Aselli proietteranno un video realizzato per l’occasione, a rappresentare le istituzioni sarà l’assessore alle Pari Opportunità, Rosita Viola.
L’iniziativa è infatti frutto della collaborazione fra Archivio di Stato, Società Storica Cremonese e Centro Locale di Parità, colpatrociniodell’assessorato alle pari opportunità del Comune.
Piace sottolineare come ancora una volta l’Archivio di Stato si confermi un ’istituzione che sa dialogare col presente e fare cultura, partecipata o meno poco importa.
Ciò che contano sono i risultati. E così l’8 marzo diventa occasione per recuperare storie, biografie di donne vissute fra dissenso e sovversione: due termini questi da prendere con le pinze. Bella l’idea di questo repertorio biografico, bella l’idea di far rivivere quelle esistenze al femminile additate soloper uncredo politico o per le relazioni intercorsi con uomini invisi al regime: in questo modo si contribuisce alla crescita culturale ed etica della città, senza mostre, senza eventi ma con sostanza. In ognuna delle voci biografi- che sono contenuti tutti gli elementi essenziali tratti dal fascicolo, che consentono di ricomporre un quadro storico di grande interesse che mostra non solo i luoghi comuni ma anche i pregiudizi sessisti e non solo nello schedare le donne considerate sovversive.
«Quelle elencate nei fascicoli cremonesi sono segnalate o schedate come anarchiche, socialiste, comuniste, repubblicane, main sostanzasi potrebbero tutte riunire sotto un ’unica voce: antifasciste, colpevoli per lo più di critiche contro il regime e per questo sottoposte a controlli, diffide, vigilanze, qualche volta anche al confino — scrive Emanuela Zanesi ne ll’introduzione al volume — Le schede biografiche evidenziano diversi elementi: le caratteristiche fisiche, la condotta morale e la situazione familiare, quella civile, il livello culturale e leletture,le dicerie,esonospesso accompagnate da foto segnaletiche.
Ciò che più colpisce è il numero considerevole dei casi nei quali le donne furono schedate non tanto sulla base di atti effettivamente compiuti, quanto per il semplice sospetto di coltivare sentimenti non solo politicamente in accettabili per il regime, ma considerati non convenienti alla condizione femminile».
Anche sul semplice detenere pacchetti di sigarette diveniva una grave colpa da annotare sulla scheda, ma in fine a destare sospetti erano tutte quelle donne che non corrispondevano almodello dibuonamoglie emadre di famiglia e a ciò corrispondeva spesso il giudizio morale che etichettava le donne come « ‘di dubbia condotta morale e politica ’, ‘di facili costumi’, sono espressioni costantemente ricorrenti a qualificare l’illegittimità delle loro situazioni.
Molte di queste donne erano definite ‘prostitute’ (si veda il caso di Adalgisa Cassinelli), ma non solo non lo erano (tanto che nei documenti non vengono mai prodotte prove a conferma), ma tali erano viste in quanto compagne o ‘amanti’ (termine ufficialmente usato) di sovversivi, oppure perché separate e compagne di altri uomini, o magari perché ragazze madri», si legge sempre nell ’introduzione. Ma anche donne troppo istruite e indipendenti destavano il sospetto dell’autorità costituita e del regime.
«Esemplificativi, per tutti, i casi di Romilda Allegri che nel 1932 si permisedi definire ‘catastrofica la situazione economica de ll ’I ta lia ’; o quello di Dionisia Caufin, cheinveì ‘controla guerra ei principaliresponsabili della guerra e di tanta rovina’; o la definizione affibbiata a Elsa Monteverdi di ‘vero tipo di rivoluzionaria ’ perché appartenente, insieme al compagno, a un’organizzazione comunista.
E certo risultava preoccupante la fierezza con cui Luigia Badaracchi , sottoposta a perquisizioni , constatò: ‘Mi sembra un sogno, un sogno amaro e triste che lascierà certamente nel profondo della mia anima qualche remazuglio di disgusto del mio paese e del modo in cui sono stata trattata da questi primitivi e rozzi sicigliani che portano la veste d’autorità italiane. E dico forte non verrò più nella mia Patria… ’».
Non meno drammatico appare il parallelismo fra anomalie comportamentali e alterazioni psichiche, parallelismo che spesso apriva le porte dei manicomi «come nel caso della ‘im pul siv a’ Elisa Sivelli, della quale viene dato il giudizio ‘di esaltata, di nevropatica, e che l’età critica (menopausa) ne è la diretta determinante’; o di Teresa Chiozzi, ‘squilibrata mentale’, pericolosa non tanto per la supposta malattia, ma per la fede comunista». In Figure femminili tra dissenso e sovversioneemerge uno spacca- to di umanitàinedito, dalle tinte forti che vale la pena conoscere.
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