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L'Ecm ripropone tre album storici

Ristampe d’autore. Il jazz da non perdere

Gigi Romani

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06 Marzo 2014 - 15:26

Abdullah Ibrahim
Parallelamente alle nuove produzioni discografiche, l’etichetta tedesca ECM Records (distribuita in Italia da Ducale Music) sta proseguendo nell’operazione di riportare all’antico splendore album realizzati diversi anni fa e che sono davvero imperdibili per gli appassionati.

Sam Rivers, Contrast (Ecm 1162). Dave Holland ha sempre descritto l’esperienza con i gruppi di Sam Rivers come la propria scuola di perfezionamento. E’ stato Sam che lo ha spinto a suonare «tutte le musiche», dentro, fuori, atonale, swing, blues, tutte le sfumature del jazz e la musica da camera tradizionale. Ai tempi di Contrasts (Sam Rivers, sax soprano e tenore, flauto; George Lewis, trombone; Dave Holland, contrabbasso; Thurman Parker, batteria e marimba), Rivers e Holland avevano una collaborazione costante maturata nel corso di vari anni il cui risultato era una combinazione perfetta tra contrabbasso e ance. Il batterista Thurman Parker era uno dei più creativi del momento, muovendosi tra batteria emarimba. Il giovane trombonista innovatore George Lewis aveva già lavorato con Holland e Barker nei gruppi di Anthony Braxton.

Abdullah Ibrahim, African Piano (Ecm/Japo 60002). A volte il messaggio musicale è così forte che la qualità della registrazione passa in secondo piano. Informalmente registrato nel 1969 in un club rumoroso—il famoso Jazzhus Montmartre di Copenhagen —, il sapore di questo album è nel "documentare" piuttosto che nel restituire un suono di alta fedeltà. D’altronde qui il messaggio e l’essenza di Abdullah Ibrahim arrivano comunque forti e chiari. L’ascoltatore è coinvolto dai ritmi robusti del suo piano solo che riesaminano la storia del jazz da una prospettiva sudafricana, con echi di canzoni locali, quel pizzico diMonk e di Duke e molto altro ancora. African Piano è stato un album di grande influenza e ancora oggi non ha perso nulla della sua forza e vitalità.

Keith Jarrett, Arbour Zena (Ecm 1070). «Considero questo come uno dei miei lavori più lirici e ispirati», scrive Keith Jarrett di Mirrors, il brano di quasi mezz’ora di durata che conclude Arbour Zena. «Il contributo di Jan Garbarek è insostituibile ed estatico». E’ facile convenire che Arbour Zena sia nel suo complesso uno degli album tra i più eccezionali di Jarrett. Una scrittura evocativa per archi, l’interplay di Jarrett con Garbarek e Charlie Haden e una produzione impeccabile fanno di questo disco del 1975 uno tra imigliori esordi della Ecm.
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