L'ANALISI
28 Giugno 2025 - 08:27
(FOTOLIVE/Leonardo Calvi)
CREMONA - Uno, cremasco. L’altro, cremonese. Cavalli e Monteverdi nascono a quaranta chilometri di distanza ma insieme rappresentano più di un secolo di storia della musica, di cui furono senza ombra di dubbio la principale fonte di luce. Il Barocco sono loro. Lo dimostra quest’opera: l’Ercole amante, in scena al Ponchielli. Ampia, sontuosa, debordante. La baroccata maxima, tra danze raffinate, vasto organico orchestrale, numeri musicali coloriti e goduriosi. Tutto, in quest’opera — nata a Parigi da un cremasco naturalizzato veneziano — racconta il massimo, la crème de la crème del barocco europeo.
Andrea Bernard confeziona uno spettacolo intelligente, ben calibrato, scevro da inutile concettismo, attento ai dettagli, alla parola e alla credibilità della messinscena. Ispirandosi al film Melancholia di Lars von Trier, rilegge l’opera a partire dal contesto in cui nacque — le nozze di Luigi XIV — immaginando le nozze di Ercole e Deianira, che da subito vacillano a causa dell’invaghimento dell’Alcide per Iole, amata dal figlio Hyllo. La dinamica familiare, pur intricata da una serie di personaggi secondari e dai grotteschi interventi divini (tanto cari ai francesi e decisamente meno confacenti alla produzione operistica veneziana di quegli anni), si risolve nell’esempio quotidiano, contemporaneo, autentico della fine di un amore. O, per meglio dire, di un amore che non è mai stato perfetto, di un matrimonio costruito sul nulla, impossibile. Soprattutto, sulla fragilità di Ercole, amante non riamato. Uomo. Gli dèi, voci antiquate, agiscono in un piccolo teatrino dove il mondo è fermo e sicuramente più semplice. Questa produzione di Ercole amante ci impone un interrogativo categorico: a quanti capolavori del passato abbiamo dovuto rinunciare credendo che non potessero più dirci nulla? Eppure Ercole ci parla inequivocabilmente di quelli che oggi chiamiamo amori tossici, violenza (anche di genere), vanitàuomo forte’ della mitologia, archetipo dell’eroe possente e al contempo irrisolto nella sua spiazzante fragilità emotiva. Dunque anche un’opera ‘di occasione’ come Ercole amante può riflettere i sentimenti, le problematiche, l’umanità del nostro tempo: superficiale, a volte, nel comportamento; profondo e complesso nella psiche.
Questo restituisce l’allestimento di Bernard: il teatro è vivo e ci parla di noi stessi, ogni giorno. Le scene, bellissime, colorate e costituite principalmente da un impianto fisso che taglia obliquamente il palco, sono realizzate da Alberto Beltrame. I costumi, eleganti, sono di Elena Beccaro. Particolarmente riuscito è l’abbigliamento degli dèi, rappresentati come l’antico, il superato, ma anche l’eccesso emotivo dell’uomo stesso. Profonde ed efficaci le luci di Marco Alba. Bernard decide — con successo — di conservare l’aspetto ‘danzante’ che l’opera aveva in origine. Lo fa con le coreografie di Giulia Tornarolli: eleganti, giustamente drammatiche, mai maniersitiche, scontate o fastidiose. Anche il versante musicale convince pienamente, a partire da Antonio Greco, alla guida dell’orchestra del Festival, Cremona Antiqua. Il lavoro di concertazione è approfondito e dimostra la grande consapevolezza critica del maestro. Greco condisce sapientemente la partitura di Cavalli con invenzioni e variazioni, conferisce grande varietà di colori e sfumature all’orchestrazione. Tra le trovate più efficaci, l’uso ampio e variegato delle percussioni per costruire momenti di altissima tensione: ad esempio, durante la marcia funebre. Tanto è richiesto da Cavalli anche al coro, compatto e ben istruito dallo stesso Greco.
Renato Dolcini è un Ercole convincente in scena quanto efficace vocalmente. A una sopraffine linea di canto, coniuga un ben fraseggio, superba dizione. Protagonista perfetto tra vigore fisico e fragilità emotiva. Dizione perfetta anche quella di Shaked Bar (Deianira), unita a un timbro caldo e vellutato. Efficace la coppia di giovani amanti, Iole e Hyllo, composta da Hilary Aeschliman e Jorge Colorado.
Tra i coturnati dèi spiccano l’ottima Giunone di Theodora Raftis e il possente Nettuno di Federico Sacchi (anche tenebrosa Ombra di Eutyro). Paola Molinari è una convincente Venere/Bellezza/Cinzia. Divertente e ben assortita la coppia Paggio-Licco composta da Maximiliano Danta e Danilo Pastore.
Completano correttamente il cast Chiara Nicastro, Matteo Straffi, Arrigo Minzoni, Benedetta Zanotto, Giorgia Sorichetti e Isabella Di Pietro. Bravissimo il piccolo Lorenzo Kone nei panni di un Amore giocherellone e innocente. Da vedere e sentire. Per ridere e commuoversi. Domani alle 17 si replica.
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