L'ANALISI
27 Aprile 2025 - 05:30
Unum castigabis, centum emendabis. È una locuzione latina che significa letteralmente ne castigherai uno, ne correggerai cento. Un principio che imponevano i generali romani ai loro centurioni. Una massima che può avere una sua efficacia in tempo di guerra, ma che certamente non funziona in quello di pace. Una soluzione fin troppo facile per evitarne altre, più impegnative, che richiedono maggiori sforzi per portare allo stesso risultato.
Viene in mente questa considerazione analizzando una delle proposte emerse per affrontare uno dei nodi più caldi di questi mesi sull’intero territorio provinciale e, in particolare, nel comune capoluogo. Vale a dire il susseguirsi di episodi di violenza, soprattutto giovanile, che costellano le serate e le notti. Un clima destinato a peggiorare con il sopraggiungere della bella stagione, quella cioè che porta al rifiorire della movida, al clima elettrizzante di una città che vuole essere viva e colorata, aperta ai giovani e allegra.
La presenza di piccoli gruppi più o meno organizzati di baby criminali pronti a estrarre coltelli e puntarli alla gola delle loro vittime per effettuare piccole rapine e l’abuso di alcol sono le cause più evidenti, spesso collegate, del clima di violenza. Uno scenario che tende ad accentuare nella popolazione il senso di insicurezza e la paura. Sentimenti che portano alla scelta drastica di chiudersi in casa o di passare altrove le proprie ore libere. Vale a dire la premessa per la ‘morte civile’ di una città. L’ipotesi emersa è quella di anticipare la chiusura serale dei locali, tutti, oltre a ulteriori limitazioni di orario per la vendita di alcolici. In realtà regole stringenti già ci sono e si sa bene chi non le rispetta. Dunque meglio ribaltare il principio: colpirne alcuni per educare proprio loro senza penalizzare chi le regole le rispetta.
Per i pubblici esercizi, i circoli privati nonché in spazi e aree pubblici è in vigore il divieto di somministrazione e vendita di alcolici e superalcolici dalle 3 alle 6; i distributori automatici devono ‘chiudere’ alla somministrazione da mezzanotte alle 7 del mattino, lo stesso vale per gli esercizi di vicinato dalle 24 alle 6. Per tutti vige il divieto assoluto di vendere e somministrare bevande alcoliche ai minori di 16 anni. Un esercente, per esempio, potrà servire al tavolo o al banco una birra in bottiglia assicurandosi che il cliente abbia più di 16 anni, mentre se vorrà vendere la medesima bottiglia per asporto, dovrà assicurarsi che il cliente abbia più di 18 anni.
Chiara anche la normativa sul plateatico dei locali pubblici, cioè i tavolini fuori dai bar, che alle 2 di notte devono venire sgomberati nonché resi inservibili in quanto messi in sicurezza con catene e lucchetti. Sono infatti elementi di disturbo della quiete pubblica in caso di assembramenti dopo la chiusura dei locali, mentre sedie e tavolini sono potenziali ‘armi’ in caso di rissa (è successo anche questo). È indiscutibile che il consumo di alcol sia correlato all’incremento di comportamenti violenti.
Va riconosciuto con grande onestà che l’intera comunità, a partire da forze dell’ordine e amministrazioni locali, è fortemente impegnata sul fronte della sicurezza, con provvedimenti già presi sul fronte del controllo del territorio. Sono aumentati gli organici delle forze dell’ordine, la polizia locale ha messo a concorso l’assunzione di nuovi agenti e ufficiali, gli impianti di videosorveglianza sono stati incrementati, il regolamento comunale di convivenza civile è stato integrato con l’introduzione del daspo urbano. La città ha però anche la necessità di non sentirsi ostaggio dei pochi baby criminali regolarmente in azione, che vanno monitorati e messi in condizione di non nuocere con ogni mezzo.
La paura non può prevalere, la città sta cercando di darsi un futuro anche aprendosi ai giovani che cerca di attirare grazie a grandi investimenti sulle università o proponendosi con sempre maggiore decisione come polo di attrazione turistica. Ma deve essere accogliente, offrire momenti di svago e di socializzazione. In questo quadro i locali pubblici sono fondamentali, anche sulla base del sano principio che una bella clientela scaccia i malintenzionati. Chiuderli prima significa invece consegnare a questi ultimi le chiavi della città e dare loro piena libertà di azione.
Un centro affollato e quindi presidiato da chi lo abita e lo vive è una precondizione per ridimensionare il potere di chi esibisce coltelli per dimostrare di esistere. Compagnie di giovani e di cittadini che si ritrovano nei locali pubblici e nelle strade sono il primo presidio di sicurezza perché garanti, con la loro semplice presenza, di un controllo sociale. Va dunque ascoltato il grido di dolore e preoccupazione avverso all’ipotesi di chiusura anticipata dei locali lanciato da Alessandro Lupi, di Fipe Confcommercio, la branca dell’associazione che riunisce gli operatori dei pubblici esercizi. Ha detto: «Condividiamo la preoccupazione per gli episodi di violenza in città. Ma non possiamo accettare che si scarichi la responsabilità della sicurezza urbana sui pubblici esercizi».
La maggior parte delle realtà, sottolinea, lavorano bene, rispettano le regole e contribuiscono a mantenere viva Cremona, offrendo un presidio sociale fondamentale. «Una città deserta non è una città più sicura. Anzi: è più vulnerabile, spenta, senza luoghi di incontro e di socialità», spiega ancora. Con senso di responsabilità gli esercenti si dichiarano pronti a condividere con Comune e Prefettura soluzioni adeguate. «Non vogliamo spegnere Cremona», lo rassicura il sindaco, Andrea Virgilio. Il primo cittadino chiama alla corresponsabilità e al rispetto delle regole già in vigore, soprattutto nella gestione dei plateatici. «Su questo dobbiamo concentrarci, con maggiore rigore verso chi non rispetta la norma». Colpirne uno per educarne uno, appunto.
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