L'ANALISI
17 Dicembre 2025 - 05:25
CREMONA - La storia umana, che loop comico e desolante: per come ce la insegnano a scuola è un ammasso caotico di date mute e personaggi bizzarri. Ma cosa succederebbe se la si potesse raccontare in soli cento cenni storici, mescolando rigore accademico e satira feroce? Ne uscirebbe una cavalcata folle che mira a svelare una trama nascosta tra i massimi sistemi e le spigolature. Ci prova, con successo, il cremonese Guido Damini, laureato cum laude in Storia moderna autoproclamatosi ‘storico da bar’ dopo che un professore si dimenticò di proporlo per una borsa di studio che probabilmente gli avrebbe garantito una carriera accademica.
Sfortuna per lui, gaudio per chi chiede una lettura più ironica e meno formale della Storia in cui piccolezze e grandezze dei singoli sono la metafora dei diversi periodi presi in considerazione, cioè - per dirla con il sottotitolo del suo libro ‘Quasi Sapiens’ -, dalla scimmia a Trump. Ne parla nella divertente videointervista con Paolo Gualandris online da oggi sul sito www.laprovincicr.it.
Un libro figlio del grande successo del suo podcast ‘Cenni storici per fare lo splendido’. Con l’ambizione di mescolare risate caustiche e rigore scientifico, si alternano piccole vicende di grandi statisti e incredibili avventure di personaggi ignoti ai più; illuminanti bignami dai Neanderthal, «che non erano poi così fessi» (anche se lui usa termini più... forti), ai sistemi di prestito delle banche rinascimentali (più divertenti di quello che si crede), ai feroci processi storici all’Illuminismo o alla Rivoluzione industriale, alimentati dal sacro fuoco della satira e del lol.
La tesi di fondo, richiamando Giambattista Vico, è disarmante: l’umanità sperimenta ciclicamente gli stessi corsi e ricorsi storici, l’uomo non si evolve, siamo sempre gli stessi pessimi esempi di pregiudizio, spesso ignoranza, quasi sempre arroganza. Nonostante la complessità che tentiamo di attribuirci, assicura Damini, rimaniamo sempre uguali, nella nostra «desolante semplicità».
Questa prospettiva permette allo storico da bar di smitizzare i grandi nomi riportandoli alla realtà spicciola: Cristoforo Colombo «stava antipatico» e Voltaire era un «paraculo», «Rousseau un toy boy» e «Lutero un pazzo eretico». Secondo questa visione caustica, gli intellettuali di ogni periodo storico sono personaggi «assolutamente imbarazzanti» che si divertivano a sbeffeggiare e demistificare chi li ha preceduti. Gli idealismi oggi sono finiti.
Stiamo tornando al «grande gioco dell’Ottocento, la politica di potenza, la cui unica morale è quella del potere. In questo contesto, l’Italia e l’Europa si ritrovano deficienti in politica estera, avendo perso la sovranità. Se si osserva il Vecchio Continente del ’45 con logica di potere, e non idealisticamente - spiega Damini, si capisce che non è stata liberata dagli americani, ma occupata. E qui entra in scena l’imperatore Donald Trump.
«Sta sulle scatole a molti perché il pubblico non è più abituato a un modo di comunicare puramente realista e brutale. The Donald crede fermamente nel nuovo ciclo del gioco: sono finiti i tempi delle grandi narrazioni, si torna al potere logora chi non ce l’ha. Insomma, per chi capisce la storia, dalla scimmia a Trump nulla è mai cambiato. Se l’uomo, infatti, non è più abituato a cogliere la complessità, il libro di Damini offre una controstoria. Lo storico da bar suggerisce che al di sotto dell’ironia, il suo sarcasmo è in realtà pura storia.
Si salvano in pochi, tra questi i pensatori «veramente originali» del Medioevo; tra i pochi grandi che hanno davvero lasciato un segno positivo Gesù di Nazareth, che ha cambiato la storia, Aristotele, citato quasi quanto lui per l’influenza del suo pensiero, Tommaso D’Aquino. Per il resto dall’inizio dell’età moderna in poi si assiste a un «enorme riciclo di antiche eresie che si ripetono in salsa volutamente nuova».
L’Archetipo italico è voltagabbana. L’esempio per eccellenza è Ludovico il Moro: intelligente e furbo, cadde nel tipico errore italico di credere di poter ottenere il massimo rendimento con il minimo sforzo, convinto di essere il più astuto. Volendo conquistare mezza Italia e vendicarsi dei suoi rivali, chiamò i francesi, certo di poterli manipolare. L’esito fu l’esatto contrario.
Il «ludovicomorismo» si è ripresentato più volte. Benito Mussolini, per esempio, «un furbacchione che cercò di creare un impero sfruttando un alleato più potente pensando di entrare in guerra senza doversi impegnare troppo». Sappiamo tutti com’è andata. Più di recente «il buon Romano Prodi». Volle fare il furbacchione entrando in pompa magna nell’area euro, convinto che i tedeschi avrebbero cambiato idea e che si sarebbero potuti ottenere Eurobond e tutto il resto. Anche qui scommessa persa.
Per comprendere un’epoca, è essenziale vedere come essa tratta il sesso. Una delle parti più grottesche del libro riguarda Oddone di Cluny, il quale, intorno all’ottavo e nono secolo, esemplificava il decadimento della Chiesa cattolica attraverso confessionali super minuziosi. «In un periodo di crisi spirituale, cercava di rafforzare la morale interessandosi ai peccati della carne, ritenuti capaci di mandare in tilt l’intera società». Istruiva i monaci su come confessare le nobildonne, sbizzarrendosi in dettagli tali da far dubitare gli storici se quei chierici si divertissero ad aggiungere particolari assurdi per voyeurismo o semplice divertimento.
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