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LA STAGIONE DI INFINITY 1

Un vortice scenico che emoziona e spiazza: la serata firmata da Paolo Ruffini

“Din don down – Alla ricerca di (D)io” ha unito momenti intensi e passaggi graffianti grazie alla presenza degli interpreti della Mayor Von Frinzius. La rappresentazione ha offerto uno sguardo libero e diretto sull’esperienza umana, mescolando spontaneità, riflessioni profonde e interventi che celebrano la singolarità di ogni persona

Andrea Fiori

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redazione@laprovinciacr.it

08 Dicembre 2025 - 08:45

Un vortice scenico che emoziona e spiazza: la serata firmata da Paolo Ruffini

CREMONA - Una risata che spiazza, una carezza al cuore, un pugno allo stomaco. Din don down - Alla ricerca di (D)io, lo spettacolo portato in scena da Paolo Ruffini ieri sera al Teatro Infinity 1, è tutto questo insieme: commovente, divertente, irriverente.

Sul palco, insieme al comico toscano, erano presenti gli attori della compagnia teatrale livornese Mayor Von Frinzius, formata in gran parte da persone con disabilità, e la musicista e attrice Claudia Campolongo, che con la sua musica dal vivo ha fatto da colonna sonora allo spettacolo. Alla regia c’è Lamberto Giannini, fondatore negli anni ’90 della compagnia, nata come laboratorio teatrale per persone con disabilità e diventata una realtà artistica strutturata.

pubblico

Lo spettacolo — che ha visto il tutto esaurito sia alle 17 che alle 21 — ha voluto rappresentare un viaggio, tanto comico quanto poetico, intorno al concetto di Dio in tutte le forme, e le possibilità con cui possiamo interrogarlo o persino metterlo in discussione. Tra paramenti liturgici e canti di chiesa, Ruffini e i ragazzi della compagnia hanno affrontato il sacro con uno sguardo ironico e irriverente, nel solco di quel linguaggio che ha reso unica la Compagnia Mayor Von Frinzius.

Politicamente scorretto come piace a lui, Ruffini entra in scena interagendo e giocando con il pubblico, al quale promette che «dopo lo spettacolo non sarete più le persone di prima». Il copione «c’è e non c’è» spiega il comico, perché gli attori disabili portano sul palco loro stessi e le loro personalità, lasciandosi trasportare dalle loro emozioni e intaccando il concetto di normalità anche a teatro.

Ma dietro le provocazioni e le battute, Ruffini propone una riflessione su alcuni temi di grande attualità, come l’odio social e l’importanza delle parole. «I social network permettono alle persone di odiare meglio — ha detto provocatoriamente il comico —, molti si sentono in dovere di insultare e criticare tutto, sempre». Al contrario, le persone dovrebbero riscoprire la purezza dei bambini, che guardano il mondo con una lente più genuina, fiduciosa e gentile.

Lo spettacolo aveva come scopo anche quello di combattere i pregiudizi e scardinare il concetto di normalità. «La normalità in natura non esiste — ha spiegato Ruffini —. In natura tutto è così perfetto che anche ciò che sembra difettoso lo è». Le persone non sono diverse, ma uniche, e a Dio non importa dei cromosomi o delle disabilità perché ci ama tutti, a prescindere.

L’invito è quello di guardare la bellezza che c’è in tutte le cose, anche nelle fragilità da cui spesso distogliamo lo sguardo. Questo spettacolo dà ai ragazzi della compagnia uno spazio in cui la disabilità non viene nascosta o pietosamente esibita, ma diventa linguaggio scenico e ricchezza. Din don down mostra quanto l’arte possa abbattere barriere, restituire voce a chi è spesso relegato ai margini e trasformare il palcoscenico in un vero laboratorio di inclusione.

«Oggi assistiamo al dilagare dell’Intelligenza artificiale — ha concluso Ruffini — ma la sensibilità artificiale non esisterà mai, perché rimarrà sempre qualcosa di umano».

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