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#SPORTIVAMENTE
23 Maggio 2014 - 18:25
Balotelli a Coverciano e Dani Alves mentre mangia la banana
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C'è chi lancia banane in campo e chi, nascosto dietro a una rete e a un filare di piante urla 'negro di m...' a Mario Balotelli. Questi sono solo gli ultimi due episodi di razzismo, una piaga che affligge il calcio e più in generale la società. Da anni siamo 'sbarcati' nel terzo millennio ma la situazione è ancora questa.
L'episodio che ha visto vittima il difensore del Barcellona Dani Alves ha fatto il giro del mondo grazie all'intelligenza di un uomo (prima che di un calciatore) che ha raccolto la banana, l'ha sbucciata e l'ha mangiata. Insieme a lui tutto il mondo ha mangiato la banana, una risposta silenziosa ed efficace ad un gesto idiota.
Un paio di giorni fa a Coverciano, dove la nazionale di Cesare Prandelli ha cominciato il ritiro in vista del Mondiale in Brasile, si è verificato un episodio simile, vittima Mario Balotelli. Mentre il giocatore correva con i compagni di squadra da dietro la recinzione e seminascosti alcuni ragazzi l'hanno insultato. Complessivamente matura, considerato il caratterino, la reazione di Balotelli che si è lasciato andare ad una frase stizzita ma niente di più.
Siamo di fronte ad un episodio molto grave, un insulto a 'sangue freddo', durante un allenamento nella casa della Nazionale azzurra; un episodio tanto grave che nei giorni successivi sono stati intensificati i controlli all’esterno del centro sportivo che ospita gli azzurri.
Per dare un calcio al razzismo nello sport e nella società ovviamente la repressione non basta. Per ottenere risultati efficaci e duraturi occorre puntare sull'educazione dei giovanissimi investendo tempo ed energie. Il calcio e lo sport più in generale rappresentano un 'linguaggio comune' per tanti e, dunque, proprio per questo, possono essere un terreno fertile e propedeutico al cambiamento. E allora è da qui, dallo sport, che si può partire. Bisogna lavorare sui ragazzini, cambiare il modo di pensare e smettere di agitare lo spettro della paura della diversità che invece rappresenta sempre una ricchezza da valorizzare.
La scuola (più che mai multietnica anche in Italia) e la pratica sportiva sono le migliori palestre dove 'vaccinarsi' contro il razzismo. Chi sin da piccolo vive, gioca, sgomita fianco a fianco con il compagno che arriva da un altro Paese lo riconosce come un amico, in certi casi come un avversario da battere, ma non si sognerebbe mai di insultarlo per il colore della pelle o per la religione che professa. E magari scopriremmo che guardare al problema del razzismo con gli occhi dei bambini potrebbe aiutare gli adulti a trovare soluzioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA DI TESTI E FOTO
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